Fare il procuratore di calcio è il sogno di molte persone. Un sogno dovuto in particolare alle cifre spesso folli che ormai girano nel mondo del football internazionale, tanto da spingere più di un osservatore ad affermare come proprio i procuratori abbiano ormai in mano lo sport pedatorio. Basterebbe ricordare figure come Mino Raiola, Jorge Mendes o Volker Struth, per capire come in effetti per le società calcistiche siano lontanissimi i tempi in cui trattavano il rinnovo del contratto direttamente con il giocatore. Un’epoca finita in pratica con il vincolo, ovvero il legame che univa a vita giocatore e società e che permetteva alla seconda di decidere in pratica vita e morte dell’atleta.
Non è necessaria alcuna prova
Considerata la mole di soldi che riescono a smuovere nel corso delle trattative, e il canonico 3% cui hanno diritto nell’ambito di esse, sembrerà incredibile apprendere che per fare il procuratore di calcio non è richiesta alcuna prova di abilitazione. Un regime introdotto a partire dal primo giorno di Aprile del 2015, che però se da un lato segna una sorta di deregulation del settore, dall’altra non apre le porte a chiunque un bel giorno decida di cambiare mestiere e diventare procuratore. Per poter svolgere una professione simile, proprio in considerazione dei temi connessi, a partire dalla tassazione e dai diritti di immagine, occorre infatti saper padroneggiare una serie di competenze molto estesa, le quali possono essere ad esempio acquisite con degli specifici corsi di formazione, che sono spesso molto costosi.
È necessaria l’iscrizione al Registro della FIGC
Se non è necessario superare prove di abilitazione, è invece obbligatorio, almeno in Italia, l’iscrizione al Registro dei Procuratori Sportivi gestito dalla Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC), subordinata al versamento dei diritti di segreteria stabiliti dall’ente e valida per un anno. L’iscrizione è inoltre legata ai seguenti step:
1) avere residenza legale in Italia;
2) godere dei diritti civili e non essere stato dichiarato interdetto, inabilitato o fallito;
3) non avere riportato condanne definitive per il reato di frode sportiva (legge 401 del 1989), o per delitti non colposi puniti da pena edittale della reclusione superiore, nel massimo, a cinque anni;
4) non essere stati sanzionati dalla preclusione prevista nell’ambito dell’ordinamento sportivo;
5) non trovarsi in una delle situazioni di incompatibilità prevista dal regolamento, non avere sanzioni disciplinari in corso, quindi non del tutto scontate nell’ambito della FIGC, e avere pagato integralmente eventuali sanzioni pecuniarie o essere comunque in regola con eventuali rateizzazioni concordate.