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Tutti i pronostici della più importante competizione europea di calcio per club, la UEFA Champions League. Analisi delle partite con precedenti, statistiche, quote, probabili formazioni, approfondimenti e tutte le informazioni che possono esserti utili per giocare le tue schedine sulla Champions League.
La Champions League è la più importante manifestazione per club a livello europeo. La competizione fu istituita nel 1955-56 con il nome di Coppa dei Campioni e vide la partecipazione di 16 squadre, invitate dall’UEFA. Solo nell’anno successivo si impose la partecipazione esclusiva delle squadre che avevano vinto i tornei nazionali, che si incontravano in doppi turni ad eliminazione diretta, formula poi rimasta sino al 1992, quando si aprì la manifestazione alle seconde arrivate. Da quel momento la formula è stata più volte rimaneggiata, tanto da aprire la partecipazione anche alle quarte arrivate di alcuni dei tornei nazionali più importanti.
Alcuni dei momenti più importanti che hanno segnato la storia della competizione europea per club più prestigiosa.
Quella tra la Champions League e il calcio italiano è una storia estremamente affascinante, fatta di alti e bassi. Iniziata in maniera abbastanza controversa, se si pensa all’edizione inaugurale, quella del 1955-56, in cui il Milan si ritrovò a dover sperimentare la grande forza politica del Real Madrid in una doppia semifinale che vide i rossoneri soccombere per una sola rete complessiva, anche grazie ad un clamoroso rigore negato a Pepe Schiaffino nel ritorno di San Siro, quando le squadre erano ancora a reti bianche. Una svista che all’epoca non destò grandi polemiche, in quanto la competizione era ancora nella fase inaugurale e in fase di sperimentazione. Tanto che le 16 partecipanti furono scelte non in base al titolo sportivo, ovvero all’aver vinto il proprio campionato nazionale, ma invitate in base alla loro notorietà del momento.
Lo stesso Milan, però, si sarebbe rifatto in maniera abbondante nel 1962-63, vincendo la sua prima Coppa dei Campioni in una finale destinata a rimanere impressa nella mente dei tifosi italiani per svariati motivi.
Il cammino del Milan nell’edizione 1962-63 iniziò in maniera molto facile. I rossoneri, infatti, si trovarono di fronte l’Union Luxembourg, divertendosi con un complessivo 14-0 il quale testimonia con tutta evidenza il gap esistente con i campioni del Lussemburgo.
Decisamente più ardui gli ottavi di finale, in cui gli uomini di Rocco si trovarono di fronte i campioni d’Inghilterra dell’Ipswich Town. Il 3-0 ottenuto all’andata, però, chiuse praticamente la contesa in anticipo, soprattutto alla luce della risaputa saldezza difensiva degli uomini di Rocco. I quali nel ritorno si chiusero a protezione della porta difesa da Ghezzi annullando ogni assalto degli avversari, per poi passare al 62’ con Paolone Barison, prima di subire le reti dell’ininfluente 2-1 finale ad opera di Crawford e Blackwood.
I quarti videro quindi il Milan affrontare i campioni di Turchia del Galatasaray. Urna benigna confermata sul campo, con il Milan vincente già all’andata sul campo di Istanbul, con un netto 3-1 siglato da Mora, Barison e Altafini, dopo lo spavento iniziale per la rete di Koken, al quarto minuto. Il 5-0 del ritorno a San Siro si rivelò una semplice formalità, introducendo il Milan alla semifinale, in cui incrociò il Dundee.
Anche in questo caso la contesa fu praticamente risolta all’andata, quando con un grande secondo tempo gli uomini di Rocco misero in cascina il fieno necessario per affrontare in serenità la gara di ritorno. Dopo la le reti iniziali di Sani e Cousin, infatti, furono le doppiette di Barison e Mora a fissare il punteggio sul 5-1. Una montagna troppo alta da scalare per il Dundee, che al ritorno si fermò sull’unica rete di Gilzean, segnata quando mancavano solo nove minuti alla fine.
La finale della competizione si disputò a Wembley, contro quel Benfica che nella finale dell’anno precedente aveva schiantato il Real Madrid. Una finale che, però, era destinata a restare nell’immaginario collettivo per la maledizione di Bela Guttman. Il tecnico, infatti, dopo il secondo trionfo consecutivo in Europa chiese un aumento del proprio stipendio alla dirigenza lusitana. Il cui diniego provocò la piccata risposta dell’ungherese, il quale affermò che il Benfica non avrebbe più vinto un trofeo europeo. Se qualcuno, in quei giorni, prese con un sorriso le sue parole, nei decenni a seguire si sarebbe amaramente pentito di averlo fatto.
La finale iniziò con una lunga fase di attesa, spezzata però al 18’ da una improvvisa accelerata di Eusebio che, lanciato da Coluna, si involò verso Ghezzi, battendolo con irrisoria facilità. Per alcuni minuti il Milan sembrò accusare il colpo, ma poi i rossoneri presero il controllo delle operazioni, sotto la regia ispirata di Rivera. Il quale capì il punto debole dei lusitani, ovvero quell’Humberto chiamato a sostituire l’infortunato Germano, uno dei migliori difensori del calcio mondiale dell’epoca. Iniziarono quindi a fioccare le occasioni per Altafini, dotato di un passo molto più veloce e sempre sul filo del fuorigioco, in modo da mettere in costante apprensione la difesa avversaria.
Proprio il brasiliano colse il pareggio al quarto d’ora della ripresa, impossessandosi di una respinta su tiro di Rivera e indirizzando un rasoterra sul primo palo, al di fuori della portata del bravissimo Pereira. E ancora lui, otto minuti dopo, approfittò di uno svarione di Humberto e del successivo lancio di Rivera in campo aperto. Dopo un primo tiro, respinto da Pereira, Altafini riprese il pallone cogliendo la rete del vantaggio, assolutamente meritato. Nel finale il Benfica cercò di reagire alla corrente avversa, senza però riuscirci. Per il Milan iniziava un’epoca d’oro, per il Benfica ne finiva una.